La grande tentazione …

Solo un ricordo. Divano e poltrone sul terrazzino, presepe di 3 metri e alto 2 metri con tre piani, oltre un mese di lavoro in due … Ormai non ce la facciamo più a infilarci sotto tavolini uniti con scotch, a curvarci per far passare cavetti in case e grotte. Non abbiamo più la pazienza di costruire case e castelli in polistirolo, creando mattoncini e crepe riscaldando chiodi sul fornello e tracciandone i segni, a fare fiumi e cascate con metodi e materiali diversi ogni anno e sempre perdenti acqua, a riparare statuine di gesso o a nasconderne menomazioni tra erba e muretti di polistirolo, a studiare come fare personaggi in movimento …
Solo un ricordo. Discussioni, anche accese, tra noi due, su come fare un percorso, come riparare una serie di lampadine o far crescere una montagna o i rami di un albero, come sistemare le statuine (io con fantasia, mia moglie con razionalità …). Ormai siamo stanchi e mancano anche stimoli come il coinvolgimento dei figli o nipotini (sogno?) , bambini che con le mamme venivano a casa per vedere, ammirare, criticare e suggerire secondo la loro ottica il grande presepe della maestra Angela, con me (timido o lasciavo spazio alle confidenze?) in altra stanza a sentire complimenti, gridolini di meraviglia, richieste per l’anno seguente e i tanti perché: “Maestra perché quel pastore dorme?”, “Maestra, perché ci sono le stelle e non c’è la luna?”. “Maestra perché c’è il monaco?” “Maestra ma quella suora fa la pupù e perché non la fa un Re Magio?”. “Maestra, perché non mette veri pesciolini nel laghetto?” … E l’anno dopo, eravamo a sforzarci per trovare idee su come accontentarli … Restano i premi dei Concorsi aresini e i ricordi. Solo ricordi.

Quest’anno, poi, con una pandemia che ha diffuso lacrime e ha tolto il sorriso, nessuna voglia di pensare al presepe … Ma, col passare dei giorni, quei ricordi che scorrono come un film, da quando ero bambino a ritagliare le figure dal Corriere dei Piccoli e tentare di tenerle vanamente in piedi sotto la capanna, ai presepi di carta bagnata nel gesso per creare montagne e grotte pitturate con polvere di colori e acqua, poi il salto all’uso del sughero da unire per creare paesaggi aspettando decine di minuti che la colla facesse presa, il passaggio alla costruzione di villaggi in polistirolo con i problemi di assorbimento della colla a caldo (quante scottature e cicatrici ho sulle dita …) e dei colori a tempera, a olio, acrilici … Impianti elettrici sempre più ingarbugliati, sempre più difficili con motori e ingombranti lampade di Wood …

Quei ricordi di momenti di lontananza dai problemi quotidiani, di immersione in un mondo ogni anno diverso e creato senza progetti, ma facendo crescere le scene così come correva la fantasia, quei ricordi hanno indebolito la difesa immunitaria contro il desiderio di “fare” e tutto il rifiuto è crollato quando, pensando al Covid-19, a quest’anno tremendo, è nata l’idea di fare comunque un “Minipresepe” che potesse essere di speranza per un futuro diverso. E subito i problemi: in casa, in zona rossa/arancione, in una cittadina dove non ci sono negozi per fornirci dei vari materiali, come “arrangiarsi”? A cena, guardando un foglio di rotolone di carta per cucina, arrotolato e unto d’olio di pollo allo spiedo, la folgorazione: userò quella carta. Subito è partito il treno della fantasia: come riempire i corpi? Mia moglie: c’è l’ovatta. Come sostenere il tutto se in casa non c’è colla? Arriva l’aiuto dal ricordo di “Natale in casa Cupiello” quando Lucariello si sveglia, il primo pensiero va al presepe e chiede alla moglie se ha messo a scaldare l’acqua per la colla che, ai tempi, si faceva con acqua e farina. Mia moglie subito si è messa all’opera e la colla, densa e appiccicosa è stata pronta in pochi minuti.
Create le statuine e asciugato il tutto, il nuovo problema: bisogna colorarle e abbiamo solo tre o quattro tubetti a tempera, ed ecco allora il ricordo del mixer di colori per crearne altri … Problema: ho sbagliato a usare la carta assorbente, che si gonfia d’acqua, non si asciuga mai e, peggio, cambia forma o si lacera. Ma tant’è e si deve andare avanti con pazienza.

Alla fine, con facce un po’ deformi, posture non proprio così volute, la Sacra Famiglia c’è. La capanna?  2020 anno della mascherina e allora quale copertura a miglior protezione di quel Salvatore che l’anno prossimo ci porterà un po’ di benessere e libertà? Il Minipresepe 2020 è pronto, più che elementare, più che artigianale, più che soddisfacente per chi ha dedicato 3 – 4 giorni trascorrendo  il tempo lontano dai pensieri, con la Maestra in pensione che torna a fare  i “lavoretti di Natale” e io a fare il bambino col gioco più bello: fare ‘o Presebbio.

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