Un’inchiesta ha “scoperto” che solo il 66,9 % dei laureati trova lavoro. I diplomati hanno maggiori opportunità di chi ha continuato gli studi: lo dice il Censis. In Italia medie più basse rispetto al resto d’Europa (84%) e record di “inattività volontaria”, ovvero di giovani che non sono interessati a lavorare o a studiare. “In Italia la laurea non paga. I nostri laureati lavorano meno di chi ha un diploma, meno dei laureati degli altri Paesi europei, e con il passare del tempo questa situazione è pure peggiorata”. Lo ha detto il direttore generale del Censis, Giuseppe Roma, nel corso dell’audizione alla Commissione Lavoro della Camera. Nel nostro Paese lavora il 66,9% dei laureati di 25-34 anni, contro una media europea dell’84%, l’87,1 registrato in Francia, l’88 della Germania e l’88,5 del Regno Unito.
Il mio commento? Dulcis in fundo: da pensionati, i laureati hanno meno possibilità, se hanno necessità e voglia di fare, dei pensionati non laureati che comunque anche nella manodopera riescono a trovare qualcosa. Il problema è che chi ha puntato sulla cultura nel corso della vita lavorativa ha poche possibilità di “arrotondamenti”, poco tempo libero e tanto stress mentre chi fa le sue ore di lavoro dopo può decidere se divertirsi a dedicarsi ad altre attività. E la cultura diventa una presa per CULtura!
E’ normale scaldarsi di fronte ad inchieste e numeri del genere. Pero’ non credo ceh i diplomati abbiano piu’ opportunità dei laureati al giorno d’oggi…semmai s’ha da prender la laurea per non rimanere fregati, etichettati come “quelli che NON han studiato”.
Io sulle mie vicissitudini ci ho pure scritto un libro, BRILLANTE LAUREATO OFFRESI.
Dategli un occhio se vi va, maggiori info su http://www.brillantelaureatooffresi.com
Interessante il dibattito, ma ancora sembrerebbe che io affermi che i pensionati non devono dare spazio ai giovani, mentre lo spunto era la statistica del CENSIS. Approfitterò, invece, di un prossimo Convegno per affrontare questo argomento che proponi. Non avevo nessun dubbio che al Sud le cose peggiorano, anche perché peggiorano al Nord dove ho scelto di restare anche per i figli.
caro Franco, a Napoli, sopratutto fra i giovani, non si usa da tempo la frase che riporti. I giovani qui sono pieni di rabbia per l’impossibilità di uno sbocco lavorativo. Molti di essi sono colti e laureati ma non hanno possibilità di lavoro e la situazione è molto peggiore di quella che portò me e te a Milano nel lontano ’78. Molti sono ancora costretti ad emigrare. Mi dirai che anche a Milano le cose non sono più come una volta, ed è vero, ma ti assicuro che l’abisso di opportunità che esisteva nel 78 fra nord e sud continua a esistere, anzi a peggiorare. Anche grazie ad una classe politica inetta che ha fatto precipitare il sud ancora più giù di quanto non fosse già in precedenza. Le persone come noi, io a novembre compio 40 anni di servizio, che bene o male hanno avuto qualche soddisfazione dalla vita e dal lavoro, devono farsi da parte per cercare di lasciare il campo ai giovani e ciò dovrebbe valere, come ha detto il sindaco Renzi , a tutti i livelli, sopratutto a livello politico. Ai pensionati il compito di ricercare occasioni per occupare il tempo libero anche attraverso attività non renumerate , ma che possano contribuire ad un maggiore equilibrio psico-fisico.
P.S. Ovviamente parlo ancora da occupato: quando toccherò con mano, ti farò sapere !
Alfredo, hai ragione, come al solito perché saggio ed esperto della vita. Però il problema da me sollevato nasce da considerazioni del CENSIS che riguardano l’occupazione. Vero è che da pensionati ci si può dedicare ad altro e ad altri, ma è un altro discorso. Anche Carlo, che effettivamente è una persona che ragiona, ha inviato l’interessante link che riguarda lo “stato” di pensionato e la psiche: tutto giusto, ma diverso dal problema sollevato dal CENSIS … Comunque, come diciamo a Napoli, l’importante è la salute!
Secondo me Carlo vede molto chiaramente e si sta predisponendo in modo obiettivo al salto da lavoratore a pensionato. Sappiamo tutti che cultura e titolo di studio non sempre sono una funzione dell’altra, non è raro trovare laureati poco colti o persone con la sola terza media che hanno nutrito per loro conto il sapere, acquisendo grande cultura. Detto ciò rimane comunque la frattura tra lavoratore e pensionato, che si consuma in un tempo brevissimo che va dai saluti ai colleghi al mattino dopo, quando ci si rende conto che non si appartiene più al mondo del lavoro. Però si appartiene ancora al mondo! Le occasioni per fare qualcosa ci sono e danno grandi soddisfazioni. Certo, sono tantissime quelle che non producono reddito, molto meno quelle remunerate, ma non sempre la nostra soddisfazione è funzionale a quanto percepito, molto più spesso ci si sente appagati per cose che non si possono comprare. Occorre conoscere quello che ci appassiona e non aver timore di buttarsi, poi seguire giorno per giorno il proprio istinto e fare ciò che si riesce a fare, ciò che soddisfa, sempre mantenendo le priorità fondamentali: prima la famiglia, poi ciò che ci da gioia e per ultimo il vil denaro.
da Michele: Max,
un consiglio: non fidarti troppo di certe ricerche fatte da ricercatori che, non di rado, un giorno dicono bianco e quello successivo dicono nero.
da Massimo: Consolati Franco,
ieri su un giornale free, non ricordo quale, c’era scritto che una ricerca avrebbe appurato che facendo girare di più i neuroni (e i neuroni dei laureati girano a mille, quasi quanto le loro palle) si ha maggiore aspettativa di vita, quindi:
DA PENSIONATO LAUREATO CONTINUERAI A NON FARE UN CAZZO PERO’…… ANCORA MOOOOLTO A LUNGO!
Ok, Carlo. La cultura aiuta e a quella mi appoggio giorno dopo giorno e, anzi, cerco di farla crescere e mantenere il cervello vivo. Proprio ieri ho avuto un altro attestato per aver seguito 5 Seminari sulla Green Economy e l’ho aggiunto alla collezione insieme a tanti altri. Anche io cerco di fare qualche lavoro manuale in casa, poi amo scrivere, dipingere … Ma il problema che ponevo è quello del lavoro: io per 3 anni e mezzo ho tentato di fare consulenze ad esempio, ma è impossibile perché preferiscono i giovani o perché c’è crisi e hanno paura di doverti pagare chissà quanto perché sei laureato, mentre io l’avrei fatto anche gratis! C’è anche il volontariato, ma è un altro capitolo rispetto ai dati CENSIS. Ciao.
Anch’io tra poco dovrei andare in pensione e devo dire che il cambiamento mi preoccupa non poco; si tratta di un radicale cambio di vita. Tuttavia non credo vi siano differenze tra chi è laureato e chi non lo è. La cultura è sempre positiva e non può mai diventare un ostacolo. Anche il laureato, che ha, anche lui, due mani, può fare lavori manuali, ma può anche mettersi a studiare per prendersi una seconda laurea. Occorre comunque dimenticare il precedente ruolo sociale che si rivestiva perchè probabilmente è questo che viene a mancare e che può diventare motivo di depressione. A tal proposito vedi anche:
http://www.amando.it/salute/psicologia/solitudine-nemica-di-chi-va-in-pensione.html