Ogni tanto un film di Woody Allen arriva a dare un po’ di ossigeno alla critica, alle discussioni tra spettatori sul “mi è piaciuto” e “non mi è piaciuto”. Lo scrivo subito: a me è piaciuto. E tanto. Primo: per l’ambientazione in un Luna Park negli Anni ’50, sotto una grande ruota panoramica che gira come gira la vita … Secondo: per i colori, le atmosfere legate alla variabilità del tempo così come cambiano gli umori, giochi di luce di Vittorio Storaro. Terzo: per gli interpreti,scelti come sempre con grande attenzione dal regista, con una stupenda, credibile e straordinariamente mutevole Kate Winslet, da Oscar, il realistico omaccione violento ma bonario Jim Belushi, la bella stella crescente Juno Temple, il convincente Justin Timberlake e tutti gli altri. Quarto: per le canzoni d’epoca di sottofondo, mai opprimenti, ma gradite accompagnatrici della storia. Quinto: per la storia, non proprio originale in quanto ci racconta il quotidiano di una donna perennemente insoddisfatta della vita che conduce, non chiaramente alla ricerca di sentimenti o di sesso, infedele verso gli altri e fedele al suo desiderio di emergere con tutte le sue forze come aspirava da giovane, senza self control ed egoista e la Winselt rende attraente, anche attraverso i suoi occhi, ogni trasformazione … Un marito che non aiuta, che vive le giornate tra lavoro e hobby, violento e innamorato, burbero e tenero, rozzo in cerca di riscatto. Sesto: il ritmo della recitazione, solito di Allen, che tiene vivo lo spettatore. Settimo: Una frase detta dal giovane amante mi ha colpito e più o meno recita: “Se si vuole vivere, ogni tanto bisogna mentire a se stessi”. Uscendo, mi chiedo: Veramente è questa la chiave che ogni momento usiamo tutti giorno dopo giorno per andare avanti?