‘O Capitone. Gioie e dolori.

‘O Capitone quest’anno non poteva mancare nelle mie feste di Fine Anno. Una tradizione, è vero, va rispettata, ma per me tradizione vuol dire esserci ancora, vivere ancora perché domani chissà … e questo Capitone potrebbe essere l’ultimo ma l’augurio è che sarà parte di una catena di delizie ancora per molto tempo, insieme alla lasagna a Carnevale, alla pastiera a Pasqua, ai pizzoccheri a Ferragosto, al torrone nel Ponte dei Morti, alle caldarroste a sant’Ambrogio, agli spaghetti con le vongole alla Vigilia di Natale, ai raviolini in brodo di Natale, alla pasta al forno di Santo Stefano …
Eppure, ‘o Capitone, tra tutti i piatti citati è quello più osteggiato, forse perché ambiguo non sembrando pesce ma serpente tentatore, forse perché ha un nome maschile, ma è la femmina dell’anguilla che ha un nome femminile,  forse perché ai molti sembra brutto mentre altri amano quel lungo profilo nero e gli occhietti vispi, forse perché è sfuggente quando si cerca di acchiapparlo, simbolo della ribellione, forse perché non muore anche se fatto a pezzi e lotta sino all’ultimo respiro nell’olio bollente per la sua voglia di libertà.
E’ buono ‘o Capitone, ha carne tenera, ha sapore di terra e di mare. Odiato da tanti, amato da molti. Un boccone tira l’altro come una ciliegia dorata, bollente di fritto e di gusto pagano, goduto in religioso silenzio. Scappa ‘o Capitone, scivola ‘o Capitone … si diverte ‘o Capitone a mettere in difficoltà chi vuole dominarlo … E’ buono o’ Capitone e si pavoneggia quando ti regala non una mela da serpente, ma un piacere da mare, d’amare …

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