- 05 novembre 2010 -
da IL FATTO QUOTIDIANO Roma, 3 ott – (di Gianni Barbacetto) “Non ne possiamo più. Non siamo diventati carabinieri per fare la guardia alle escort del premier. Molti nostri colleghi sono morti mentre facevano la scorta a magistrati o politici che difendevano lo Stato. E noi, invece… È mai possibile essere ridotti cosi?”. A parlare sono alcuni “ragazzi” dei servizi di scorta. Carabinieri allenati a difendere le “personalità” loro affidate fino a mettere a rischio la propria vita. “Ma qui ci fanno fare i tassisti dei festini. Per questo, dopo essere stati tanto zitti e obbedienti, ora vogliamo, a nostro rischio, far sentire la nostra voce”. Cominciano i racconti, che si incrociano, si intrecciano e si sommano.
Parole santissime…
Il fatto che siano “scorta” non significa che debbano essere trattati come cani da guardia, anch’essi sono dei lavoratori con una dignità professionale da rispettare. I paperoni che hanno una scorta dovrebbero tener presente anche delle persone che mettono a rischio la loro pelle, del motivo per il quale corrono i pericoli che sappiamo, soprattutto la qualità del lavoro che svolgono: un conto è scortare un importante personaggio politico ad un altrettanto importante impegno istituzionale, un altro è scortarlo da una compiacente escort. In questo caso dovrebbero solo vergognarsi.