7 Uomini a mollo: anti cinepanettone

Sabato sera ci siamo rilassati, divertiti. Il film francese “7 Uomini a mollo” certo non è un capolavoro di comicità, ma è adatto per la serenità che occorre in giorni di Festa, e, finalmente, senza citare il Natale, che già ci travolge, e senza battute stupide, spesso volgari dei nostrani cinepanettoni. E’ una commedia delicata, simpatica, che vede degli uomini che si mettono in gioco in uno sport da sempre considerato per donne, è l’emancipazione dell’uomo in uno svago che possa aiutare a superare problemi quotidiani, piccoli o grandi, mancanze di affetto o di principi morali o etici … E’ la rivincita su familiari, amici, critici, e fan di stupidi preconcetti. Il film scorre bene e, cosa che succede raramente, cresce col passare del tempo. Buona la scelta degli interpreti, ricordo: Mathieu Amalric, Guillaume Canet, Benoît Poelvoorde, Jean-Hugues Anglade, Virginie Efira, Leïla Bekhti, Marina Foïs … Bravo il regista, Gilles Lellouche, al suo primo film diretto da solo. Ci è piaciuta la sensibilità nascosta dei vari personaggi che esplode davanti a certi paesaggi e a certe situazioni che spesso guardiamo superficialmente …

Locandina da internet

“A private War”. La guerra coinvolge tutti …

In giorni in cui si evidenzia il problema della violenza sulle donne, andare a vedere questo film rende brutalmente consapevoli che le vittime più dolorose non sono i soldati che la guerra la fanno per mestiere o per ideale, ma le donne e i bambini, la popolazione civile, che tra bombardamenti, stupri, sentimenti e mancanza di diritti, lasciano tracce di sangue, spesso dimenticate o guardate con indifferenza, da lontano, senza coinvolgimenti e , almeno, un po’ di pietà … “A Private War” racconta la vita della giornalista Marie Colvin, corrispondente di guerra del Sunday Time, che aveva l’obiettivo e anche l’ossessione di mostrare al lettore l’orrore non dal punto di vista degli eserciti, dei soldati e dei loro drammi, ma quello delle atrocità nelle città, nei luoghi pubblici, nella vita privata e negli affetti. Lei diceva:  “Non è importante quale esercito compia l’attacco, quello che conta è il costo umano delle persone” inviando articoli dai Paesi martoriati, Timor Est, Cecenia, Iraq, Afghanistan, Libia, Siria … con le foto di  Paul Conroy con cui aveva stretto un sodalizio professionale che durò per sempre. Lei puntava lo sguardo direttamente sulla sofferenza, sia per la morte di un bambino, sia davanti a fosse comuni con centinaia di scheletri … Un lavoro difficile a cui non sapeva rinunciare nonostante una vita privata difficile, i tentativi di abbandonare tutto, una condizione psicologica molto provata dai fatti vissuti e il ricominciare …  bella la frase: “Ho paura di invecchiare, ma anche di morire troppo giovane”. Poi di nuovo al fronte, ad intervistare personaggi storici, ad esempio Arafat e Gheddaffi …
Il film mette insieme documentari reali dell’epoca e ricostruzioni cinematografiche molto realistiche, attori famosi e bravissimi (la grande Rosamund Pike più che immedesimata in un ruolo difficile, Jamie Dornan, Tom Hollander, Stanley Tucci, Greg Wise, Faye Marsay .. ) e attori presi dalla strada, molto, molto verosimili. Ottima la fotografia e colonna sonora non invadente. Il regista Matthew Heineman ha evidenziato ormai grande esperienza e capacità. Queso film non si dimenticherà facilmente, lasciando a noi la riflessione sull’attenzione che poniamo guardando la TV, parlando, mangiando, scherzando, mentre giornalisti-eroi cercano di farci capire quanto una guerra sia terribile e quanta indifferenza c’è quando non si è toccati da vicino ..

locandina da internet

Il servo: una commedia “nera” …

Tratto da un romanzo di Robin Maugham, pubblicato nel 1948, “Il servo” è una commedia con una trama labirintica in cui lo spettatore viene portato avanti dal piano sottile e truce di un servitore che cerca la rivincita sulla classe padronale e di un padrone che si fa trascinare in una spirale che lo porta alla dipendenza del suo stesso servo. Sullo sfondo di questa lotta eterna, riflessioni sulla fedeltà in amore, sulla solidità di un’amicizia e sul ruolo delle donne che, ai tempi, erano relegati a quelli della “malafemmena” delle sceneggiate napoletane, nel senso che la donna è vista come “oggetto” del maschio che deve raggiungere obiettivi non sempre onesti. La commedia, diretta da Andrea Renzi e Pierpaolo Sepe è a tratti piacevole, strappa anche sorrisi e porta in un Teatro – Cattedrale come il Piccolo di Milano, anche delle scene “osè” … Comunque la curiosità sul finale mantiene attento il pubblico che alla fine ha applaudito convinto gli interpreti, lo stesso Andrea Renzi e Tony Laudadio, Federica Sandrini, Lino Musella, Maria Laila Fernandez che hanno mostrato il loro impegno e la loro bravura.