Ieri sera al Teatro Nuovo di Milano, “Robin Hood” seconda versione: musical ricco di personaggi, canzoni e balli, variazioni sceniche e interpreti molto impegnati e bravi. Una storia conosciuta da tutti attraverso la lettura del libro fin da ragazzini e questo spettacolo è adatto alle famiglie. Ieri sera, in sala, si sentiva spesso la risata spontanea e sincera di un bambino molto piccolo ed è importante che si facciano spettacoli per tutti, visto che, a casa, non sempre genitori e figli sono insieme a guardare lo stesso spettacolo. La regia di Mauro Simone è stata attenta e precisa, come le musiche e il libretto di Beppe Dati, sempre ben aderenti ai vari momenti della storia e come gli arrangiamenti di Eric Buffat e le coreografie di Gillian Bruce. Gli interpreti principali: Manuel Frattini che già aveva lavorato nella prima versione e Fatima Trotta che è forte dell’esperienza fatta negli ultimi anni con “Made in Sud”, è una vera rivelazione. Una serata piacevole. Un neo? Il volume troppo alto dei diffusori. Repliche fino al 15 aprile.
Antonio Albanese questa volta ha fatto un film che non mira alla comicità fatta di smorfie o battute del quotidiano, ma basato su una storia che nel quotidiano viviamo tutti noi quando la nostra routine, i nostri pilastri di vita e di gusti e passioni sembrano cambiare con l’arrivo di uomini, donne e bambini da altri Paesi e, se non siamo attenti e sensibili alle loro necessità, potremmo farci prendere da raptus razziali minacciando la nostra stessa sopravvivenza. Un film “pesante”, allora? Non è così. Con la tecnica del racconto on the road, Albanese ci fa sorridere e ci fa pensare regalandoci bei momenti e anche belle immagini. La scelta di due bravi attori di colore, Alex Fondja e Aude Legastelois è stata centratissima. Probabile che questo film non vinca premi famosi, ma lascia nello spettatore un segno leggero ma che ricorderà sempre di più nei prossimi cambiamenti delle città e dei popoli quell’omino metodico che un giorno decide di sconvolgere la sua vita. Ci guiderà, mano a mano, verso l’integrazione.
Non sempre ho apprezzato film che hanno vinto l’Oscar, come dire che capita che pubblico e critica a volte non vanno a braccetto. Questo film, però, ha veramente meritato i quattro Oscar e tanti altri premi, come Leone d’oro e Golden Globe. Leggendo la breve presentazione o guardando i trailer, mi ero fatto l’idea di un film sottomarino, con mostri acquatici e soliti cacciatori abusivi, ma non è così: la storia, ambientata negli anni ’50 del secolo scorso, in clima di Guerra Fredda, ha un risvolto quasi realistico, ma, in realtà, è una grande, bella favola d’amore, una “Bella e la Bestia”, dove questa volta la Bella è una donna normale, con qualche problema, romantica e coinvolgente, mescolata a un “La La Land”, con colori bassi in una concreta scenografia, bella fotografia, grande colonna sonora, una bella storia che attrae anche chi, come me, non si è mai appassionato alle fiabe e che ha visto una sola volta “Mary Poppins” … Bravo e furbo, come al solito e di più, Guillermo Del Toro, che ha saputo abbinare storia, curiosità, fantasia con occhio al botteghino, stupendi gli attori e su tutti Sally Hawkins, Michael Shannon (II), Richard Jenkins (maestoso), Doug Jones, Michael Stuhlbarg … Una colonna sonora, ricca di brani dell’epoca, che “prende”. Uscendo, ho pensato che, ogni tanto, un po’ di sentimentalismo e di favole fanno bene anche a chi ha un’età … matura.