Giro vorticoso su “La Ruota delle Meraviglie”

Ogni tanto un film di Woody Allen arriva a dare un po’ di ossigeno alla critica, alle discussioni tra spettatori sul “mi è piaciuto” e “non mi è piaciuto”. Lo scrivo subito: a me è piaciuto. E tanto. Primo: per l’ambientazione in un Luna Park negli Anni ’50, sotto una grande ruota panoramica che gira come gira la vita … Secondo: per i colori, le atmosfere legate alla variabilità del tempo così come cambiano gli umori, giochi di luce di Vittorio Storaro. Terzo: per gli interpreti,scelti come sempre con grande attenzione dal regista, con una stupenda, credibile e straordinariamente mutevole Kate Winslet, da Oscar, il realistico omaccione violento ma bonario Jim Belushi, la bella  stella crescente Juno Temple, il convincente  Justin Timberlake e tutti gli altri. Quarto: per  le canzoni d’epoca di sottofondo, mai opprimenti, ma gradite accompagnatrici della storia. Quinto: per la storia, non proprio originale in quanto ci racconta il quotidiano di una donna perennemente insoddisfatta della vita che conduce, non chiaramente alla ricerca di sentimenti o di sesso, infedele verso gli altri e fedele al suo desiderio di emergere con tutte le sue forze come aspirava da giovane, senza self control ed egoista e la Winselt rende attraente, anche attraverso i suoi occhi, ogni trasformazione … Un marito che non aiuta, che vive le giornate tra lavoro e hobby, violento e innamorato, burbero e tenero, rozzo in cerca di riscatto. Sesto: il ritmo della recitazione, solito di Allen, che tiene vivo lo spettatore. Settimo: Una frase detta dal giovane amante mi ha colpito e più o meno recita: “Se si vuole vivere, ogni tanto bisogna mentire a se stessi”. Uscendo, mi chiedo: Veramente è questa la chiave che ogni momento usiamo tutti giorno dopo giorno per andare avanti?

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Gli sdraiati. Estranei.

Con amici, ieri sera, a vedere “Gli sdraiati”, un film che negli spot già faceva capire in chiaro l’argomento trattato: il rapporto difficile di comunicazione tra genitori e figli. Chi, come noi, non ha letto il libro di Michele Serra, da cui la Archibugi ha tratto la sua sceneggiatura, si aspettava qualcosa in più rispetto a un racconto, più o meno comune a tutte le famiglie con figli adolescenti, spesso menefreghisti, abituati a vivere la casa come ricovero solitario, fatto di disordine e disamore per le cose proprie e della famiglia, ma anche condizionati dai rapporti tra genitori, dai loro insegnamenti non sempre uniformi, le loro regole sotto valori diversi. Osservando la società che ci circonda quotidianamente, vediamo come social network e cellulari hanno un ruolo dittatoriale su ogni momento e ogni iniziativa che facciamo, ci seguono e ci indirizzano in direzioni a volte diverse da quelle che ci eravamo proposti, ci impediscono il dialogo diretto, il guardarci negli occhi. E tante storie scorrono sulle onde elettromagnetiche da uno smartphone all’altro, da un PC all’altro, senza essere approfondite e prese con l’importanza dovuta, per cui si scopre che i figli forse non sono proprio come le immaginiamo e i figli giudicano i genitori per quelli che non sono quelli che effettivamente sono, che li vogliono guidare, seguire, lasciarli man mano camminare da soli. Arriva un’età in cui i figli vogliono correre da soli e i genitori hanno paura di perderli, periodo e storia di contrasti spesso difficili da superare. Quindi, il film racconta una storia, non offre, ovvio, soluzioni. Fa trasparire sentimenti, ma non li rende protagonisti di fronte invece ai nervosismi e battibecchi continui, anche dispettosi.Neanche la figura del nonno riesce a sensibilizzare, come vorrebbe, su vie mediane rapporti veramente intricati. L’amore per ogni età è diverso ma non ne viene approfondito il valore, viene visto solo come rapporto con persone esterne alla comunicazione due a due … Ci sarebbe molto da approfondire e il film fa solo accenni a qualche sorriso, a tanti problemi, al ricorso a terapie, a reazioni quasi scontate. Bravi gli attori scelti, Bisio si rivela interprete credibile, non solo il grande comico che conosciamo anche se in qualche scena avrei preferito vederlo con minore tendenza al sorrisetto …), il giovane studente Gaddo Bacchini, scelto dalla regista come protagonista, promette un buon futuro (e, ho sentito, piace già alle ragazze …), un gioiello  Cochi Ponzoni e poi Antonia Truppo, Gigio Alberti, Barbara Ronchi, Carla Chiarelli, Federica Fracassi, Sandra Ceccarelli, Giancarlo Dettori … Buon cameo di Donatella Finocchiaro. Colonna sonora piacevole, discreta. Chiaramente sulla strada del ritorno, in auto, il dibattito tra noi genitori è stato vivace e anche visto con ottiche e pareri diversi.

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Assassinio sull’Orient Express: la sbilancia della Giustizia.

Stasera un gran bel film. Il timore che un remake di un film di successo di 50 anni fa, potesse essere solo una brutta copia, invece il film è fresco, godibile, ben fatto. Kenneth Branagh, il regista, si è regalato il ruolo dell’investigatore Hercule Poirot e ha onorato l’autrice del giallo del 1934, Agatha Christie, con una bravura da attore esperto, convincente e con gran dose di simpatia. La trama è nota, ma qui il viaggio del mitico treno tra monti innevati e bei paesaggi, si svolge, con velocità tra un colpo di scena e un altro. Bravi tutti gli attori, un cast milionario e di riconosciuta, a livello internazionale, capacità di recitazione: Penélope Cruz, Willem Dafoe, Judi Dench, Johnny Depp, Josh Gad, Leslie Odom Jr., Michelle Pfeiffer, Daisy Ridley, Michael Peña, Lucy Boynton, Derek Jacobi, Tom Bateman, Marwan Kenzari … delicata colonna sonora. Molto interessante è informarsi sulle tecniche utilizzate per girare il film negli studi cinematografici vicino Londra … Belle frasi, ad effetto, che spingono a una riflessione sulla “giusta” Giustizia o cosa possa essere il giusto e il non giusto come il bianco e il nero oppure come possa un essere umano a uccidere un altro … Si esce dopo circa 2 ore, veramente soddisfatti mentre il grande investigatore-regista-attore ride sotto i … baffi!

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