8 marzo, Festa della Donna. Il mercoledì a cinema con 2 euro. L’uscita di un film il cui trailer ci aveva incuriositi.L’occasione per stare fuori durante la settimana. Sommando tutti fattori, siamo andati a vedere “Il diritto di contare”, <il film> non <un film>, perché lontano da storie di commedie all’italiana o di svago che, spesso, per motivi di decantazione problemi quotidiani, andiamo a vedere. Una storia vera che racconta la situazione in cui, ancora negli Anni ’60 (ma forse anche oggi?) le persone di colore erano divise nettamente dai bianchi: uffici, scuole, negozi, mezzi pubblici, fontanelle … <riservate>. Se poi la persona di colore era anche donna, i pregiudizi erano moltiplicati esponenzialmente. La storia del film parte da tre donne di colore che hanno forti doti culturali e grande potenziale di intelligenza e cercano di affermare i propri diritti in una sede di lavoro molto particolare: la NASA la cui organizzazione interna riferita alle discriminazioni era uguale alla società esterna, civile, e dove i cambiamenti e le aperture mentali incontravano giganteschi ostacoli. Un film che regala momenti di emozione, di sentimenti, di riflessioni, di giustizia, di ricordi (la lotta con l’URSS per la conquista dello spazio, ad esempio). Tante frasi colpiscono lo spettatore e ne riporto una detta da un Responsabile: “La pipì, alla NASA, non ha colore …”. La pellicola di Theodore Melfi ha un bel ritmo e ha un cast di una rara bravura: Taraji P. Henson, Octavia Spencer, Janelle Monáe, Kevin Costner, Kirsten Dunst e la lista completa sarebbe lunga. Pezzi di filmati dell’epoca ben inseriti e brevi, senza rendere il film un documentario. Colonna sonora discreta ma ben inserita nei momenti giusti. Sui manifesti c’è scritto: Il Genio non ha razza, la Forza non ha sesso, il Coraggio non ha limiti. Siamo molto soddisfatti: abbiamo scelto un film che rappresenta l’importanza di questa festa dell’8 marzo …
A Teatro la commedia “Le Prénom – Cena tra amici” di Matthieu Delaporte e Alexandre de La Patellière, in questa versione italiana di Fausto Paravidino ci ha fatto rivivere tanti momenti conviviali in famiglia e con amici che iniziati all’insegna della compagnia, del buon appetito e di grandi propositi, raggiunge momenti di cordialità e di incomunicabilità, di massima allegria e caduta nei problemi che bene o male assillano tutti. La partenza è un po’ lenta ma poi gli attori si scaldano, i personaggi con le loro storie diventano sempre più interessanti e il pubblico viene coinvolto sempre di più fino a ridere apertamente in alcuni momenti clou … Un pomeriggio domenicale sereno e ci voleva proprio! Bravi gli attori: Alessia Giuliani, Alberto Giusta, Davide Lorino, Aldo Ottobrino, Gisella Szaniszlò e regia attenta di Antonio Zavatteri. Avevo visto il film “Il nome del figlio” di Francesca Archibugi e già la trama mi era piaciuta: a teatro, però, si vive la movimentata cena insieme agli attori: è questa la grandezza del teatro!!!
“Beata ignoranza”, come la maggior parte dei film italiani usciti negli ultimi anni, ha avuto contributi dal Ministero perché di interesse culturale, ma a mio parere, spesso non riesco a vedere questa mia crescita culturale nel guardare certe storie. Mi sono divertito a tratti, devo ammetterlo e forse ero ben disposto essendo ieri sera la chiusura del Carnevale Ambrosiano e dopo aver gustato un ottimo piatto di spaghetti ai gamberoni, ma la storia di questo film è proprio basata su vicende elementari, messe insieme in maniera caotica e spesso sembrava non sapere come arrivare a una conclusione che già avevo intravisto dall’inizio … Non ricordo se ci fosse una colonna sonora. Marco Giallini è un bravo attore e fornisce molti spunti al suo personaggio, Alessandro Gassman è un bravo attore messo in abiti sbagliati e indossati con grandi sforzi. L’intento iniziale della storia poteva essere interessante, mettendo a confronto due mentalità, due caratteri e due modi di affrontare le nuove tecnologie e i mezzi di comunicazione “social” che ci vedono sempre più coinvolti nell’uso e sempre più soli, ma questo film non si avvicina minimamente alla novità sconvolgente che ci presentò sullo stesso tema “Perfetti sconosciuti”. Sono uscito senza aver trovato una giusta dritta sulla convivenza con gli smartphone e anche vittima della mia ignoranza di prestare attenzione al buio completo di un’istante in sala, proprio mentre, rientrato dalla toilette, mettevo i piedi per scendere gli scalini nel vuoto e ne saltavo tre in un sol colpo, rovinando pesantemente tra mia moglie e le poltrone della fila precedente. Due spettatori, molto social, mi hanno aiutato a rialzarmi e ho visto il secondo tempo tra gonfiori e dolori in punti vari e visione più severa di una storia confusionaria. Forse è stato uno scherzo di Carnevale.