Diverse le persone, diversi i lavori?

La mia lettera pubblicata oggi da La Repubblica -Milano; nella foto, la risposta del giornalista Piero Colaprico:

Ho seguito la radio nel momento in cui c’era un’intervista a poveri e senza casa, italiani e stranieri. Sono tanti i casi in Italia e nel servizio facevano un confronto con altri Paesi evidenziando come vengono assistiti oppure, in molti Paesi  dell’Est, vengono sempre più inasprite le pene nei confronti di irregolari e nullatenenti. L’Italia, a volte, sembra far venir fuori brutti segnali di razzismo: i fatti di Busto Arsizio nel corso di una partita di calcio sono forse l’ultimo  esempio, ma ritengo che la maggior parte degli italiani sia molto aperta e sensibile ai problemi di queste persone. Qui volevo rilevare che sono stato colpito dalle risposte di un uomo di colore, senza permesso di soggiorno, che ha detto di riuscire a vivere in qualche modo nel nostro Paese: abita in un nascondiglio con una donna e un ragazzo italiani, viene aiutato da persone generose, anche per le cure della salute. Ad un certo punto, parlando del lavoro, egli ha detto che ogni tanto gli affidano qualcosa da fare, ovviamente si tratta di “lavoro da nero”: così ha detto e io penso in buona fede, forse non gli hanno mai spiegato che il “lavoro in nero” è sempre esistito nel nostro Paese e non fa riferimento al colore della pelle, ma al fatto che vengono evase le tasse. La mia riflessione si è concentrata su “lavoro da nero”: visto il grande numero di disoccupati più o meno giovani in Italia, è possibile, invece, che ci sia qualcuno che preferisca non lavorare anziché impegnarsi in alcune tipologie di attività? Ci sono, per caso, differenze di trattamento, di remunerazione, di sicurezza?  Esiste, quindi una lista di “lavori da bianco” diversa di quella dei “lavori da nero”?

da "La Repubblica MI" 17.01.2013 - Cliccare sulla foto, per ingrandire

Il parere di un piccolo a fronte di grandi problemi

Pubblicata da La Repubblica -Milano, oggi a pag. XI col parere di Piero Colaprico che riporto tra i commenti qui sotto:

Ho avuto l’occasione di partecipare al Convegno “La scommessa dell’Italia in Europa: condizioni e proposte per tornare a competere”, invitato dalla Camera di Commercio di Milano. Ho seguito con attenzione gli interventi di importanti personaggi del mondo imprenditoriale, universitario e giornalistico.  Ovviamente, non riporto tutte le argomentazioni, ma mi ha colpito molto quando, parlando delle proposte, è stato detto che una delle criticità dell’euro è la mancanza di stabilità dei prezzi e mi chiedo: quando una pizza da 5000 lire passò a 5 euro da un giorno all’altro, chi controllava? E se una bottiglietta d’acqua costa al supermercato 30 cent, perché i bar in centro la vendono a 2 euro? È così che si vuole aumentare gli acquisti per far crescere il Paese? Sembrerebbe che si dia la colpa ai Clienti che non spendono e non si tiene conto di aumenti d’IVA, della diminuzione del reddito netto dei lavoratori a fronte di un costo del lavoro enorme a causa della fiscalizzazione. In Italia si propongono soluzioni per la competività senza che ci sia mai stata un’analisi puntuale dei problemi. Così, si tenta di liberarsi di lavoratori fannulloni della Pubblica Amministrazione senza analizzare le colpe di gestione di risorse economiche, materiali ed umane da parte di Dirigenti e politici. Si tollera una burocrazia paurosa che richiede passaggi infiniti e documentazioni voluminose anche per fare piccole cose. Si colpevolizzano i lavoratori che vanno in pensione da giovani quando le Aziende li costringono ad andar via e i giovani che non cercano lavoro quando le Università li riempiono di nozioni e non li mettono in grado di svolgere un mestiere e nessuno indaga quando le Aziende offrono loro pochi euro in nero, senza speranze. Le stesse Aziende che evadono il fisco o se ne vanno all’Estero perché non capaci di trovare soluzioni e reingegnerizzazioni per restare nel nostro Paese, mantenendo salari e occupazione, aumentando la produttività in accordo con Sindacati che non dovrebbero solo pensare a raccogliere tessere. Se la spesa sanitaria è grande, si accusano gli ammalati perché vanno al Pronto Soccorso per non morire in attesa di un medico di base che non verrà mai a visitarti e quasi mai si fa trovare al telefono. L’elenco sarebbe troppo lungo e mi fermo qui. Tutti tendono a colpevolizzare tutti e proposte serie, realistiche e basate sulle possibilità del nostro Paese (vedi il turismo) passano come polvere al vento. Come competere in Europa? Facendo ognuno di noi il mea culpa e cominciando a dire la verità.