C’era una volta la prima Repubblica

Nella Prima Repubblica sapevamo tutti che venivano prese tangenti per i Partiti e che per raccomandazione si potevano occupare posti importanti in Enti e Aziende. Chi conosceva il politico o il sindacalista o il prelato, aveva una mezza assicurazione per il suo futuro. C’erano anche i concorsi per i posti nei Ministeri e nelle aziende pubbliche: i super raccomandati vincevano, gli idonei entravano comunque in graduatoria e, a fronte di aumenti di posti messi a disposizione, qualche povero disgraziato, privo di amicizie pesanti, poteva anche avere un lavoro, come una vincita al Lotto. Oggi è diverso. Stiamo assistendo a nomine e a vantaggi per persone, sfacciatamente legate a politici al potere. È nuova la notizia del commissariamento dell’ACI dove la Brambilla ha inserito come Commissario il figlio di un grande amico del Premier, poi il figlio di La Russa e, al massimo, il proprio compagno! Onore allora al Ministro Scajola che, senza un avviso di garanzia, ha dato le dimissioni mentre dobbiamo assistere alla nomina del Ministro Brancher per dargli l’appiglio del legittimo impedimento, al Senatore dell’Utri, condannato a sette anni per appoggio esterno alla mafia in Assise, che nessuno del suo Partito invita a lasciare, a quelli della “cricca” che continuano a gestire la cosa pubblica …  Criticavamo il Trota piazzato in lista dal Senatùr, ma quello poi è stato eletto dai votanti. Questa nuova Repubblica arricchisce solo chi già è nato con la camicia oppure si fa largo in un mondo che richiede mille compromessi e rinunce alla dignità. Io propongo di creare un monumento al Civico Ignoto: quel cittadino che silenziosamente e con sofferenza interiore, lavora onestamente, paga le tasse e spera nella giustizia terrena e divina.

Pubblicata il 1 lug 2010 su DNews Bergamo, pag. 10

Il lavoro delle maestre: conoscerlo prima di criticare

Ho seguito sul giornale il dibattito tra l’imprenditore edile e l’insegnante, poi le lettere conseguenti. Essendo d’accordo sul fatto fondamentale e, oggi, cruciale, che sul primo potremmo dubitare che paghi tutte le tasse  e abbia tutti i lavoratori in regola mentre la seconda versa sicuramente il suo contributo al fisco, vorrei, fare altre riflessioni sulle maltrattate “maestre”. Una volta si diceva che esse, pur facendo un lavoro stressante, guadagnavano poco perché lavoravano mezza giornata e inoltre potevano andare in pensione dopo 15 anni, 6 mesi e 1 giorno. Ne sposai una, convinta della missione di docente, di moglie e mamma. Pensammo che rispetto ad altre lavoratrici poteva accudire meglio i figli, la casa: meno soldi, ma più tempo per la felicità familiare. Col passare degli anni, gli orari e gli impegni si sono moltiplicati. Lezioni, programmazioni, collegi docenti, incontri con assistenti sociali, medici, responsabili vari del Comune, docenti di altre classi e scuole. Famiglia e compiti da preparare e da correggere, le lezioni e ricerche e addirittura giochi: lavoro a casa col computer, stampante calda. E il pensionamento è stato portato a 35 anni di servizio. Oggi, i bambini sono in vacanza e le maestre sono a scuola per riunioni di progetto in vista del prossimo anno e, improvvisamente, il pensionamento si allontana a 65 anni d’età. Lo stipendio? Parametrato negli anni, lo stesso.  In pratica: avevamo fatto una scelta di vita e oggi aspettiamo la sera per farci compagnia e continueremo a sognare, per altri otto anni, riposo e una casetta al mare da comprare con quella liquidazione che arriverà più tardi. Forse.

Pubblicata su DNews Milano, oggi, pag. 11

Il lavoro dei laureati in tempo di crisi

Oggi ho partecipato al Convegno in cui  sono stati presentati i risultati del Progetto SPECULA Lombardia, finanziato da Camera di Commercio di Milano e Unioncamere Lombardia e realizzato da esperti dell’Area Ricerca Formaper. L’attuale è il quarto anno del progetto che ha lo scopo di monitorare i percorsi occupazionali dei laureati lombardi degli anni 2006-2008 nel corso del 2007-2009.

Fonti sono stati i data base amministrativi :

a)      dei laureati dell’Università lombarde

b)      delle comunicazioni obbligatorie di avviamento e cessazione rapporti delle Province lombarde

c)      del Registro delle Imprese delle Camere di Commercio della Lombardia.

Si è rilevato che:

  • la crisi ha ridotto o ritardato l’inserimento dei laureati più recenti, esclusi da interventi di sostegno
  • i giovani ad alta qualifica hanno resistito meglio di quelli a bassa qualifica, anche se il tasso di disoccupazione è aumentato dal 7 al 10,8% tra 2008 e 2009
  • nello stesso periodo il tasso di disoccupazione dei giovani con età minore a 30 anni è passato da 11,4 a 15,1%
  • Il tasso dei giovani laureati che hanno avuto un contratto di collaborazione o stage nell’anno successivo alla laurea è passato da 66,7 % nel 2008 per laureati 2007 a 63,5% per laureati 2008 nel 2009
  • A fronte di un 20% dei laureati 2008 con un’occupazione stabile nel corso del 2009, il 40% è prevalentemente occupato ma non stabilmente, il 20% è stato occupato saltuariamente per meno di 6 mesi e il restante 20% non ha registrato situazioni di lavoro.

In quali settori ci sono state meno assunzioni?

  1. Industria, principalmente meccanica
  2. Informatica
  3. Finanza

Invece sono aumentate in:

  1. Area servizi sociali e personali (su questo dato influisce, però, un’anomala crescita nell’istruzione che ha visto un esodo massiccio in vista dell’aumento dell’età pensionabile femminile …) con l’inserimento del 39% dei laureati occupati
  2. Terziario tradizionale ( commercio, turismo, trasporti) con l’inserimento del 13% dei laureati occupati.

 Cause: La struttura produttiva nazionale è molto frammentata, c’è specializzazione in settori maturi, la ricerca e lo sviluppo sono quasi a zero.

Ciò spiega anche una diminuzione di inserimenti dei laureati in ingegneria, che restano comunque più richiesti rispetto a lauree umanistiche e politico-giuridico-sociale.

Sono state inoltre sfavorite le lauree triennali a fronte di richieste di risorse più formate che garantiscono maggior ritorno dell’investimento.

Va bene il settore delle lauree relazionali e creative (comunicazione, styling, design …), settore però meno attento allo specifico indirizzo di studio, che paga poco e offre lavori occasionali che non formano per una spendibilità altrove.

Nell’incertezza, le Imprese riducono le assunzioni e se assumono lo fanno offrendo contratti a tempo determinato  o intermittenti o a chiamata e specialmente con collaborazioni e tirocini (stage).

Tipologie, queste che offrono poca tutela e meno diritti dei lavoratori

Diminuiscono anche i contratti di apprendistato e inserimento che chiedono investimenti per la formazione.

Spesso le Aziende impongono il lavoro autonomo: è un escamotage per pagare solo la prestazione e scaricare sul giovane laureato costi di contributi e rischio d’attività d’impresa.

Nei dati ci sono poi aperture di Partita IVA che non corrispondono ad un effettivo lavoro: se ne apre una sperando di trovare clienti e la si mantiene aperta anche quando le commesse sono scarse…

Il fatto che oltre ad Aziende di editoria, dei media, dell’Università, anche le alimentari, la moda, la chimica, il mobilio e quindi le manifatturiere stanno facendo contratti a tempo determinato o tirocini e collaborazioni fa capire che ciò non è per un’esigenza di flessibilità e adattamento ai servizi ma per la strategia difensiva per ridurre i costi riversando su lavoratori outsider le pressioni che non possono essere scaricate sugli insider.

La retribuzione media netta di un collaboratore a progetto è inferiore alla metà di quella di un dipendente e anche i redditi da lavoro professionale autonomo sono bassi.

Punti di evidenza:

  • Dei laureati che hanno trovato occupazione, pochi lavorano con continuità
  • La flessibilità è confermata dall’esame dei contratti fatti e cresce al crescere della specializzazione e c’è un alto numero dei contratti non tutelati
  • I redditi mensili dei contratti a tempo indeterminato e determinato sono abbastanza simili ed il picco si ha intorno ai 1200-1500 euro, molto lontano e più bassi, con picco intorni ai 500-700 euro, sono quelli Co.pro e co.co.co, tirocini, ecc.
  • Le maggiori opportunità occupazionali sono legate al terziario e nelle PMI (Piccole medie Imprese)
  • Maggiore occupazione  e coerenza tra studi e lavoro, offrono le lauree legate all’Istruzione, alle professioni infermieristiche (prevenzione e riabilitazione), all’economia e quelle matematico-ingegneristiche.
  •  Meno coerenza, ma comunque occupazione, offrono le aree umanistica e culturale , creative, scienze della comunicazione e psicologia
  • Basso tasso di avviamento occupazionale e bassa percentuale di occupazione prevalente offrono le aree delle professioni liberali come medicina, architettura, giurisprudenza, veterinaria, quelle di fisica, biologia, scienze dell’alimentazione, scienze dei materiali, e l’area delle Scienze politiche e economia delle amministrazioni pubbliche.
  • I lavori instabili coinvolgono più donne che uomini.
  • Col passare del tempo i contratti peggiorano
  • Col passare del tempo aumenta la percentuale di laureati stabilizzati, ma anche quella di chi è escluso o relegato alla precarietà.

 Cosa succede allora? Una parte dei laureati dopo il primo anno ha un lavoro indeterminato, ma se ciò non avviene, la sua situazione diventa sempre più difficile per l’arrivo di laureati più “freschi” e resta ancorata a situazioni instabili.

Rimedi?

  • Investire su una formazione di base forte anche con non spinta specializzazione, che aiuti a inserimenti di vario tipo
  • Il sistema economico deve guardare ai laureati come risorsa da valorizzare per guadagnare in efficienza e competitività
  • Un terziario di maggiore qualità dovrebbe trovare sviluppo con l’inserimento di laureati flessibili culturalmente ed aggiornati

Una riflessione: l’indagine Stella 2005 -2007 sui giovani con dottorato di ricerca, dice che il 13% dei lombardi lavora all’estero e che il 63% di essi giudicano il dottorato non utile per entrare nel mondo del lavoro e raccontano di attività instabili, con limitate prospettive e basse retribuzioni.