Il Presepe, un anno dopo.

Si ripete il rito del presepe: meno male. Anche quest’anno è fatta … Con più fatica, ma con la stessa passione … Ogni anno dico che sono stanco, che non posso stare giorni e giorni a lavorare, a infilarmi sotto un insieme di tavoli, a districarmi in un groviglio di fili, a bruciarmi con colla bollente, a stare in piedi per ore a posizionare sugheri e statuine … Arrabbiarmi per l’acqua della fontana che perde, con le lampadine che l’anno prima funzionavano e ora non mostrano segni di vita …

Poi … i ricordi di quei primi presepi fatti da bambino con la carta, poi col gesso e poi col sughero, legnetti e case di polistirolo …  e i ricordi della prima Capanna, delle montagne e poi i fiumi, i laghi, i personaggi in movimento … tutto questo accende la fantasia. E si ricomincia. Con gli stessi sogni di tanti anni fa. Con lo sguardo al presente. Attraversando gli anni, ad ogni Natale, guardando cosa ha dato la vita, cosa si è preso. Chi c’è di nuovo intorno a noi, chi non c’è più … aspettando chi arriverà.

Poi …  la soddisfazione di guardare paesaggi e scene di vita quotidiana, un popolo di statuine al mercato, al lavoro, a divertirsi in osteria, a sognare sotto le stelle …  intorno a una famiglia povera, ma ricca d’amore … E trascorrere attimi stando lontano, molto lontano da mille problemi.

Poi … “Avrei potuto fare meglio … ho dimenticato di … Ma sto invecchiando … Non ce la faccio più a combattere con quasi tre metri quadri di un gioco che sta diventando più grande di me. L’anno prossimo si torna alla sola Capanna. Di carta. Ritagliata dal Corriere dei Piccoli …”.

“Svegliati, caro! Arrivano i bambini: chiudi le tapparelle, accendi le luci del presepe, fai partire la musica, incolla quella statuina che è caduta, raddrizza quel lampione che pende …”: è la “maestra” che mi riporta alla realtà.

Un’emozione enorme guardare gli occhietti sbarrati e la bocca aperta davanti allo spettacolo confuso di colori, di scintillii, di situazioni inventate …  E ascoltare quei commenti spontanei  che stuzzicano nuove idee … Ma, chissà, forse l’anno prossimo …

Natale è passato … Il Presepe 2010

Che stress! Per me inizia ai primi di Novembre, quando moglie e figli si svegliano da un letargo presepiale di circa un anno ed improvvisamente vanno e vengono con gli scatoloni, legno, polistirolo. Il divano viene impacchettato nella plastica e messo sul terrazzino…

Io, invece, per un anno ho sperato che la “fatica” mi fosse risparmiata, perché sono  stanco, vecchio, senza fantasia: per fare il presepe bisogna tornare bambini e saper sognare. Non ce la faccio più…

Poi … inizia l’avventura tra pezzi di sughero, casette e statuine che, porti dalla mia consorte, sistemo così come la spontaneità vuole. La mente va inventando scenette e situazioni, addirittura dialoghi tra personaggi, col sottofondo del “Tu scendi dalle stelle …” e del ruscello che scorre come la vita.

Quando il paesaggio con le sue storie quotidiane, i malfamati della taverna, le donne del mercato, le bancarelle colorate, le case vicine e lontane, là sui monti e i pastori e le pecore  e gli angeli e la stalla con la sacra famiglia, quando è tutto lì, davanti a me, ancora mi commuovo …

Poi, tutto passa all’esame dei figli critici, degli amici veri o finti adulatori, dei forzati invitati e di bimbi innocenti …

Ma io non sono più tra loro: mi rinchiudo nel mio mondo di ricordi, volando, libero tra passato e futuro, con la stretta camicia slacciata, i piedi a riposo sul tavolo, le dita nel naso e gli occhi persi nel vuoto …

Altro stress è quello dei regali: la mia signora si fa prendere da shopping mania ed io, autista fedele, la conduco da un Centro Commerciale all’altro, da ovest ad est, da nord a sud. Ed è sempre un vorticoso prendere-osservare-giudicare e riporre o comprare.

Il momento peggiore per me è quando lei, dopo aver deciso che la tal cosa serve a Tizio e quell’altra va bene per Caio, si dirige alle casse e, a voce alta, quasi da scuola impazzita all’ora dell’intervallo, mi dice: “Paga!”. Tutti mi guardano quando timidamente tiro fuori l’American Express che nessun negoziante vuole e si ripete la scena:

“Ma … è la più famosa nel mondo …”

“Si. Ma paghiamo troppo di commissione”

“Ma … allora … sono costretto a lasciarvi tutto. Per pochi centesimi di commissione, perdete tutto il margine di guadagno sull’importo totale …”

“Ha ragione, ma è così …”

“Allora non dovete lamentarvi che c’è la crisi … E’ chiaro che se avreste bisogno prendereste i trecento euro …”

A questo punto mia moglie, stanca per avermi preso a calci durante il colloquio, perentoria dice: “Paga!” e io sono costretto a tirar fuori Visa, Postamat e libretto d’assegni …

 

Il super stress è quello degli inviti. Nel periodo di Natale tutti i parenti e gli amici si mettono d’accordo per l’invito al cenone di Natale o a quello di Capodanno.

Sembra che mi costringono a rifiutare a tutti, perché alla fine qualcuno ci “rimarrebbe male”.

La verità è che tutti sperano che vada ad un’altra parte per poi poter dire:

“Che peccato … avevo già fatto la spesa anche per te: un menù speciale!”.

E mi sento un verme, uno che fa sperperare capitali in periodo di crisi. In case dove i panettoni vengono depositati “a parete”, i pandoro fanno da soprammobili al posto dei vasi cinesi e le bottiglie di spumante sputano tappi per la mancanza d’ossigeno, io dovevo essere il “Salvatore della Patria” e abbuffarmi come una bestia. Tanto sono a 120 chili e uno in più non si nota mai!

 

Se opto per il Cenone in un locale, devo spendere sui cento euro: di meno non si sa cosa fanno mangiare e di più si corre il rischio che ripetano più volte il giro di cotechino e lenticchie o del panettone con gelato. In ogni caso, c’è il problema che il vestito elegante dell’anno precedente non entra più e poi … occorre apparire “nuovi” per l’Anno “nuovo”…

Quando alle tre di notte la musica ha distrutto il cervello e sono in ecstasy da capitone fritto, cominciano a farmi capire che devo tornare a casa perché sono l’ultimo nel locale insieme ai ravioli congelati e ai resti di cappone farcito.

 

La festa è finita e ricomincia la vita, quella di tutti i giorni, quella del “Pensionato da salvare” che, solo in casa, ascolta musica in sottofondo, legge il giornale, scrive poesie e mette la pentola sul fuoco per gettare la pasta quando tornano gli altri, dopo la “mia” festa, semplice e privata …

http://www.gents.it/presepe/2010/Presepe2010.html