Ciao, Mamma. Ti penso sempre, oggi di più. Ti voglio sempre bene, oggi di più. Mi manchi sempre, oggi di più. I tuoi suggerimenti sono sempre con me, anzi li seguo di più. Quella notte di tanti anni fa, Napoli si preparava alla festa di s. Gennaro, all’attesa della liquefazione del sangue. Quella notte dormivo agitato con i problemi di un giovane senza lavoro, con il pensiero al giorno, ormai prossimo, di quella laurea che anche tu sognavi per me. Quella notte, il desiderio, che sembrava irrealizzabile, di portare all’altare, dopo tanti anni, quella ragazza che avevi accolto nella famiglia …Quella notte i pensieri passavano dal bello al brutto e all’arcobaleno, come il tempo variabile di un autunno in arrivo. Ricordi di un papà che ci lasciò troppo presto, di anni di sacrifici, di un’adolescenza difficile e di rinunce. Il film di anni passati al mare del “Lido Mappatella”, senza conoscere hotel o villaggi, senza mai essere andato ad esempio a Capri, in Costiera o vedere la Reggia di Caserta. Qualche volta a cinema, la pizza con gli amici non sempre, con la scusa di dover studiare, senza confessare di non avere i soldi per il biglietto. Mai entrato in una discoteca o partecipato a un concerto: non ne vedevo neanche l’utilità perché mi bastavano la vicinanza degli amici, il mio registratore a nastri con cui captavo canzoni dalla radio che gracchiava, le discussioni o la complicità di mia sorella e te come guida silenziosa, costante, insegnante di valori importanti, di educazione e rispetto. Una vita ripetitiva, la tua, trascorsa in casa per accudire e sopperire a qualche nostra distrazione di ragazzi, come mettere a posto un calzino lasciato per terra o mettere una toppa a un pantalone strappato e preparare semplici minestre profumate mentre la domenica a tavola non mancavano i maccheroni col ragù … Eppure, ricordo con vergogna, quelle poche volte che mi chiedevi di essere accompagnata per qualche uscita necessaria, mi trinceravo dietro il “devo studiare” oppure “sono impegnato con gli amici” e tu mai a pretendere, sempre capivi, forse restavi dispiaciuta ma sicuramente speravi che le mie fossero verità perché lo studio e le vere amicizie erano importanti, perché una mamma antepone sempre i desideri dei figli, sperando in scelte fatte con i piedi per terra. Quella notte, mi sentivo un po’ egoista e sentivo il peso di non averti dato qualche carezza in più mentre tu combattevi con difficoltà quotidiane, i conti da far quadrare, i figli da “crescere”. Quella notte, ero agitato mentre sentivo il tuo respiro tranquillo e mi promettevo di darti di più. Quella notte, i tuoi primi capelli bianchi su quel viso roseo e liscio nonostante anni difficili, mi facevano capire che la mamma vuol vivere solo per i figli, senza chiedere in cambio qualcosa, se non una parola, una confidenza, la richiesta di un consiglio, una carezza e traguardi seri, importanti, con risultati utili per affrontare la loro vita, non la sua … Quella notte, il tuo respiro è diventato pesante, impazzito, pungente. Quella notte ho sentito la tua debole voce che chiedeva aiuto. Quella notte, stranamente, il Pronto Soccorso dell’ospedale Loreto era semivuoto e appoggiandoti al mio braccio, sei entrata in quella sala bianca e ti sei distesa, senza aiuti, su un lettino bianco. E in quella sala bianca, quella notte, il tuo volto è diventato, in pochi istanti, violaceo e poi bianco come quella sala, quella notte buia. Ci hai lasciato. Quella notte s. Gennaro per noi non ha fatto il miracolo …
🙁