Molti amici mi chiedono perché continuo a scrivere in maniera satirica, addirittura facendo vignette su fatti sociali, politici … correndo il rischio di avere critiche dure. Ma il mio pane quotidiano è seguire i fatti e evidenziare quello che mi fanno pensare, riflettere, prendere decisioni. Fin da ragazzo ho amato scrivere in questo modo e gli anni del nostro Gruppo “I Più e Meno” che, tra tanti fermenti di comici napoletani che tentavano di fare “Cabaret” nello stile dei Gruppi di Milano, mirava non solo alla comicità pura su situazioni quotidiane (una caduta, un pianto, un momento di imbarazzo, di crisi, d’amore …) ma a problemi della nostra Città e della sua gestione. La nostra era satira , il nostro era un CAB – LEGGERO, era un TEATRO – CRONACA:
“Con testi e solida, fresca colonna sonora, lo show del gruppo I Più e Meno, scivola su un filo di comunicativa costante e di coerenza stilistica non facilmente riscontrabile in gruppi non professionisti. Canzoncine, gags, possono essere gustati ognuno per suo conto e, nello stesso tempo, come un organico e funzionale <copione>, strutturato con abilità e ritmo.
Nessun messaggio, ma un riferimento preciso a fatti e misfatti della realtà quotidiana. Sul solco di un positivo qualunquismo, gli autori sanno mantenere un’indipendenza di pensiero senza immischiarsi della polemica politica ed il risultato è un esempio non trascurabile di <teatro-cronaca> con episodi e personaggi messi sottotiro di un’ironia spietata, senza triti doppi sensi e parolacce …
Il cabaret con I Più e Meno -una sigla e un programma- torna alla sua ragion d’essere: un’espressione scenica moderna e anticonformista, spregiudicata e irriverente, nella quale si ride sui miti e sulle mode, sugli eroi e sui simboli di falsi paradisi creati artificialmente dai furbi, dai disonesti, dai mistificatori e dagli illusi.
Questi giovani non vogliono proporre la soluzione dei problemi, ma soltanto indicarli, nemmeno <denunziarli>. MENO prosopopea da iniziati e intellettuali, PIU’ spettacolarità e divertimento. Applausi a scena aperta …”
(dal quotidiano Napoli notte del 14 e 15 gennaio 1974)
Pochi si ricordano di questo Gruppo che nel 1978 si sciolse per motivi di studio o di emigrazione al Nord per lavoro, eppure ebbe qualche anno di successi continui, esibendosi in vari locali-cantine.teatrini di periferia, poi del centro e anche presso l’Accademia Aeronautica di Pozzuoli … Poi la vita prende il sopravvento. In uno dei locali dove si recitava a Portici, si esibiva, in alternanza con noi, il gruppo dei CAB-INETTI che, quasi nessuno sa, erano i tre di quella che fu LA SMORFIA, composta da Massimo Troisi, Lello Arena e Enzo Decaro: inizio come il nostro, ma sviluppi diversi: non avendo impegni di studio, si trasferirono a Roma, furono scoperti da Pippo Baudo e arrivarono in TV raggiungendo un successo che ancora oggi dura. Pietre miliari della comicità napoletana, la loro bravura è nota, Massimo era grande già da giovanissimo, Lello era fonte di simpatia e Enzo un attore tendenzialmente serio. Un’occasione, il treno giusto su cui non salii, fi quando il loro “manager”, un vetraio di San Giorgio a Cremano, mi propose di scrivere testi con loro, ma io non mi sentii di abbandonare i miei amici e rifiutai … Nessun rimpianto, forse non ero neanche così meritevole, ma poi Milano con il lavoro e i suoi ritmi mi ha coinvolto. Mi è rimasto quel pane quotidiano, l’osservazione e la scrittura su ciò che mi circonda e rendere partecipi gli amici con cui scambio idee e riflessioni, non tutti, però, sono interattivi e, spesso, ho invitato ad usare questo BLOG come il nostro luogo d’incontro, il nostro BAR dove scambiarci pareri, ma si sa, la vita occupa ognuno in maniera diversa e va bene così. Io scrivo per il pacere di scrivere, per sostenermi, per motivarmi … La cosa importante è avere la libertà di poterlo fare e per un comico ciò è fondamentale … Riporto qui sotto il pensiero di Lello Arena tratto da “Io Napule e tu”, suo ultimo libro:
“Inutile dire quanto sia importante per un paese, una cultura, una società, preservare a ogni costo la libertà dei comici, consentirgli di fare il loro lavoro, permettergli di dire quello che pensano, scegliendo il bersaglio che vogliono. Questo va oltre la libertà di parola e di pensiero perché la comicità che diventa satira non è sempre e solo critica, denuncia, ma spesso è presagio, profezia, pensiero comune ancora inespresso. Il comico, infatti, spesso annusa l’aria e riesce a far ridere proprio perché tira fuori, dà parola e mette in piazza un pensiero collettivo e lo fa un attimo prima di tutti gli altri. Dice quello che la gente, il suo pubblico, sta pensando ma che non ha il coraggio, la forza, il modo, il posto, il tempo, le parole giuste per dirlo. Se il comico, che è l’ultimo degli uomini perché privo di ogni dignità, quello che nessuno mai potrebbe prendere sul serio, se perfino lui può dire quello che vuole, sfottere chi gli pare, compreso il potere, questa è una sicura garanzia di libertà. Se perfino lui è libero di dire che l’imperatore è nudo, allora la democrazia è sana, salva e robusta. Nessun regime totalitario, infatti, ha avuto un suo comico di riferimento, al servizio della dittatura. Mai si è sentito parlare del comico di Hitler o di Mussolini o di Pinochet. Lunga vita ai comici, dunque. E che il dono della comicità, il diritto di poter ridere, la possibilità di prendere in giro e spernacchiare tiranni, imperatori, papi, re e comunque chiunque se lo meriti, possano accompagnarci, rassicuranti, per sempre.”