L’articolo, ieri, di Caterina Soffici su IL FATTO QUOTIDIANO:
“Vabbe’ diciamolo. L’ha detto male. Perché era ovvio che poi i giornali avrebbero titolato: “Il posto fisso è monotono“. E chi il lavoro non ce l’ha vorrebbe tanto potersi annoiare nella monotonia del posto fisso. Ma il sempre calibratissimo e attentissimo Mario Monti, che ci ha abituati a parole misurate con il contagocce, ha anche detto altro. E ha detto una cosa giusta. Sono andata a risentire la frase incriminata e l’ho trascritta parola per parola: ”I giovani devono abituarsi all’idea che non avranno un posto fisso per tutta la vita. Del resto, diciamo la verità, che monotonia un posto fisso per tutta la vita. E’ più bello cambiare e accettare nuove sfide purché siano in condizioni accettabili. E questo vuol dire che bisogna tutelare un po’ meno chi oggi è ipertutelato e tutelare un po’ di più chi oggi è quasi schiavo nel mercato del lavoro o proprio non riesce a entrarci”.
E’ molto più leale e giusto verso chi sta cercando di entrare nel mondo del lavoro o a chi ha perso il proprio posto, fare un discorso del genere che sventolare impossibili promesse. Chi vuole leggere questo concetto come un sinonimo di licenziamenti selvaggi è in malafede e vi prende per il naso, perché vi sta vendendo una macchina usata con il contachilometri taroccato.
Soprattutto io metterei l’accento sulla seconda parte del discorso: meno tutele per chi è dentro il sistema e più tutele per chi è fuori.” ………….
Interessante, questo punto di vista. Qui sotto riporto il mio commento:
E allora togliamo anche le tutele a chi ha stipendio o pensione e paga le tasse. Tuteliamo chi potrà essere licenziato in qualsiasi momento secondo l’umore del “padrone” nel nome della flessibilità alla nordeuropa … Tutto ciò fa ridere: Germania e C. hanno più flessibilità di noi, ma hanno anche creato un sistema di aiuti per chi rimane senza lavoro e ne cerca uno nuovo, senza lasciare i giovani abbandonati e depressi o a carico dei genitori, ma stimolandoli con corsi di formazione, aggiornamenti e dando assistenza: allora si che si può fare …
grazie, adesso che vado in pensione mi metto a scrivere. …..sic !
Approvo, Carlo. Hai scritto un bel pezzo, puntuale e ricco di esperienza.
Diciamolo francamente: Monti è succeduto a Berlusconi. La classe e la sobrietà hanno preso il posto dei modi sguaiati e sregolati, che avevano fatto vergognare gli italiani in tutto il mondo. Inoltre tutti i media ci hanno inondato con notizie funeste: Italia sull’orlo della crisi, spread alle stelle, L’italia verso il default.
Era quindi ovvio che Monti venisse apprezzato per il suo “aplomb”, per i suoi approcci misurati, per le sue conoscenze in campo internazionale e per la stima che si era guadagnato nelle sedi istituzionali dell’Europa. Nulla, pertanto, da dire, sulla persona e sul comportamento che deve tenere un uomo di stato.
Presa a se stante, la frase infelice che ha detto ha poca importanza: essa, viceversa, va inquadrata nel contesto di un’uomo, come Monti, che, grazie alle sue conoscenze ed ai suoi studi, può oggettivamente pensare di cambiare lavoro periodicamente,magari saltando da un’Università all’altra, o da una commissione all’altra o ancora fare il capo di un governo.
E’ ovvio, per Monti, pensare che restare a vita nello stesso posto di lavoro è monotono.
Tuttavia, se guardiamo all’operato del governo Monti, possiamo riscontrare tutta una serie di indizi che ci portano a pensare che i membri dell’attuale governo non sono in grado di calarsi nella realtà di tutti i giorni. Sono, solo dei gran teorici, incapaci di comprendere cosa significa fare l’ operaio, il commesso, il panificatore, il tassista. La gente che svolge lavori manuali, ripetitivi e spesso faticosi, dopo anni di lavoro, di norma, non aspetta altro che poter andare in pensione.
Ciò premesso, appare scontato, che i membri del governo, vissuti e cresciuti senza grossi problemi, nel mondo ovattato delle università e dei grandi apparati di stato, non siano in grado di capire cosa significhi stare otto ore al giorno in catena di montaggio, per tutta la vita. Occorre proprio dirlo, la politica di questo governo non ha nulla di equo, è tutta concentrata nel far pagare il prezzo della crisi ai soliti noti, salvando banche e capitalisti.
Questo governo sa molto bene che l’abolizione dell’art. 18 non serve a creare lavoro: serve a licenziare, senza problemi, tutta quella gente che, arrivati a 50- 60 anni, non è più in grado di lavorare con le stesse performance dei trentenni, ma non potendo andare in pensione dovranno essere messi sulla strada, licenziati.
Questo è il progetto finale, appoggiato da una classe politica arroccata sui propri privilegi e che in nessuna maniera vuole mollare l’asso. Finché il popolo, spinto alla fame, reagirà malamente: ed allora saranno guai, anche per la democrazia.