No atomo? Non parti. Il treno del nucleare è fermo nella stazione Italia dal 1987, anno del referendum che lo cancellò dai nostri piani energetici. Oggi la bolletta è sempre più pesante, la popolazione cresce, i consumi delle risorse naturali aumentano e l’aria è irrespirabile. Qualcuno vuole far ripartire quel treno. Gli altoparlanti annunciano che è pronto al binario. Dicono che, da tempo, le centrali sono più sicure, le emissioni a zero, il costo diminuito. Sono tanti quelli che vogliono salire sul treno, occuparne i posti di lavoro, impegnare vagoni di milioni di euro, aggiungere opere a “grandi opere”. Altri non vogliono salire. Vedono tunnel di costi eccessivi, di scorie ingestibili, di pericoli nascosti, di rischi di illeciti e tangenti. Una torta che fa gola a tanti. Per anni abbiamo sognato e abbiamo creduto in pannelli solari e pale rotanti come mulini a vento. Semaforo rosso, semaforo verde? Pensiero degli italiani: massima fiducia per i nostri tecnici e minima stima verso chi ci guida, i politici. In questo momento di difficile rapporto tra cittadini e istituzioni, ciò vale per qualsiasi scelta di casa nostra. E nell’attesa, il tempo dell’Europa corre ad alta velocità. Subito dopo Chernobyl vinse la paura, oggi una certezza: quel treno è proprio l’ultimo treno?