In questi giorni si parla molto di privatizzazioni di Società Statali per affrontare la crisi. Non spetta a un semplice “lettore” ricordare la storia delle Telecomunicazioni in Italia, cosa che i giornali sanno fare molto bene, ma “l’Italiano medio” non può evitare di esprimere il proprio dolore a fronte degli sviluppi che ci sono stati dal 1994 in poi, quando gioielli come Azienda di Stato per i Servizi Telefonici, Italcable, Sip, Telespazio e SIRM hanno iniziato il loro cammino verso la creazione di Telecom Italia e la “privatizzazione”.
In questi anni, passaggi di proprietà hanno visto questa Società svuotarsi di beni immobili ceduti dallo Stato a prezzo “simbolico”, ma di immenso valore reale e posti nei centri storici di grandi città, passati ad Imprese Immobiliari e venduti a prezzi favolosi, cui, spesso, la stessa Società deve ancora oggi pagare l’affitto perché da “proprietaria” è diventata “inquilino”. Sono passati a gruppi di imprenditori poco interessati allo sviluppo e molto al business, impianti e laboratori all’avanguardia, la rete che oggi è considerata la gallina dalle uova d’oro, tecnici preparati e motivati, ora per gran parte “esodati”. Oggi la notizia che Telecom Italia addirittura è in mano a un Gruppo spagnolo: negli anni Ottanta, ricordo, per attivare un circuito con Madrid occorrevano mesi e mesi, poi la crescita delle telecomunicazioni iberiche fu velocissima, con oculati investimenti, e oggi si ritrovano proprietarie di beni immensi che furono regalati e dispersi in vari rami di Aziende “a labirinto”, con interessi diversi ed estranei alle “comunicazioni”.
I nostri politici sembrano non aver imparato da questa esperienza che, se non ricordo male, fu la prima in Italia: anche l’Alitalia fu regalata ai soliti “volenterosi” imprenditori che, invece di salvarla l’hanno portata ai livelli critici attuali. Se privatizzazioni devono essere fatte, bisogna guardare l’interesse dello Stato e quindi i reali vantaggi degli Italiani, che finora hanno pagato debiti e mai visto un centesimo in più. In silenzio, purtroppo.
ricordiamo che Fastweb fa parte di Swisscom e quindi anche la sua rete in fibra non è italiana !
via mail da Franco Sormani: Parole sante, purtroppo come al solito buttate al vento.
Solo oggi i nostri politici si sono resi conto che in questo modo anche la rete di TELECOM ( praticamente l’unica tolta FASTWEB e al di la delle balle dell’ultimo miglio altra gran presa per i fondelli ) passa in mano agli Spagnoli…..
Che tempestività.
Occorre ricordare un po di storia per chi, come noi sono stati addetti ai lavori. ASST non fu immediatamente venduta ai privati, ma fu privatizzata, per un anno col nome di IRITEL e confluì nel gruppo STET insieme a SIP, Telespazio e Italcable già appartenenti a tale gruppo. Va detto che STET era la finanziaria per le TLC del gruppo IRI che ne possedeva non il 100% ma solo il 64% delle azioni. Occorre ricordare che a suo tempo il PRN prevedeva la rigida gerarchia degli instradamenti del traffico telefonico che SIP spesso non osservava, forte dell’appoggio politico di cui godeva a quel tempo. La privatizzazione dell’ASST, che allora pare valesse 50.000 miliardi di lire, fu comunque il primo passo per la successiva fusione con la creazione di Telecom e la privatizzazione operata dal governo Amato. A quel tempo si parlava di spezzatino telefonico intendendo che l’esistenza di più società era da evitare: oggi è molto diverso. Più saggio sarebbe stato,come chiedevano i dipendenti ASST del tempo, anche in vista della imminente liberalizzazione del mercato delle TLC, creare una società che gestisse solo la rete a totale capitale pubblico. Se fosse stato fatto oggi avremmo una migliore concorrenza fra i vari player, tutti alla pari, quali utilizzatori della rete, cosa che oggi non è, nonostante le regole imposte dall’AGCOM. Viceversa solo grazie a quest’ultima, si è aperta la liberalizzazione del mercato nonostante le forti resistenze dell’incumbent. E’ evidente che oggi la telefonia è assolutamente diversa da quella di 20 e più anni fa, ma occorre anche ricordare, ad esempio, che la prima rete SDH fu sperimentata da ASST nell’anello MI-TO-AL. Occorre anche dire che dopo la fusione in Telecom l’ex ASST subì un trattamento ben diverso da quello riservato a Italcable che, in qualche modo recuperò la sua autonomia anche se sotto altro nome. Ricordiamo anche che l’attuale sede legale della Telecom, in piazza Borsa a Milano, era sede di impianti ASST come pure la torre di Rozzano e tanti altri manufatti. Molti di essi sono stati svenduti a Tronchetti. Molte altre cose si potrebbero dire da chi, come me, ha vissuto quegli anni e successivamente ha avuto modo di lavorare in AGCOM.
Provo molta tristezza nel vedere come è stata ridotta la grande azienda di telecomunicazioni nella quale ho trascorso la mia vita lavorativa, un colosso italiano che sembrava dovesse sfidare i secoli, corroso dalle tarme degli interessi e intrallazzi politici ed economici, dall’incapacità di certi vertici che non avevano a cuore il bene dell’azienda, bensì portavano a termine progetti volti a dissanguare, smembrare, spolpare fin dove era possibile e poi defilarsi con buonuscite milionarie. Tutto questo legalmente: ma come è stato possibile? Non esiste proprio nessun controllo!
Forse più che affogare noi (che, incredibile a dirsi, siamo dei privilegiati…), affogheranno i nostri figli e nipoti (se arrivano…). PURTROPPO E’ POCO MA SICURO 🙁
il problema che stiamo per affogarci … Io ho nausea da tempo!
La tua è purtroppo una bottiglia (di aria salubre) in un Oceano di m..da! Non penso che la politica italiana la raccoglierà, meglio sguazzare (nella …..).