Stamattina sono stato ad un dibattito che mi ha interessato per capire come nelle Aziende a volte vengono distribuite responsabilità che possono creare grossi problemi. Il tema: “La sentenza Thyssen: analisi, commenti, riflessioni e possibilità di applicazione estensiva” presso l’Ordine Ingegneri della Provincia di Milano.
ing. Franco Baretich – Presidente Commissione Igiene e sicurezza dell’Ordine: L’incidente gravissimo avvenuto a Torino presso gli impianti della Thyssen, che provocò la morte di sette dipendenti, ha avuto la sua sentenza di primo grado. Gli addetti ai lavori, in particolare gli Ingegneri, in questo incontro possono riflettere sul giudizio e trarre spunti di miglioramento per quanto riguarda l’igiene e la sicurezza nei luoghi di lavoro. Senza fare processi, si vuole sentire i pareri di due esperti.
Ing. Giovanni Gambino – Commissione Igiene e sicurezza del Lavoro dell’Ordine: Ha fatto una presentazione tecnica dell’incidente, richiamando alcune Norme tecniche, ad esempio il DM del 14.09.2005 “Norme tecniche costruzioni”, che definisce: INCENDIO come combustione dei materiali, autoalimentata, che si sviluppa senza controllo nel tempo e nello spazio e COMBUSTIONE come rapida reazione chimica, esotermica, di polveri o gas in aria e provoca alte temperature e sovrapressioni che si propagano violentemente come ONDE. Il DM del 10.03.1998 Allegato V definisce 5 categorie di FUOCO (A, B, C, D, E) secondo i materiali di provenienza. Le perizie hanno dimostrato che a Torino il fuoco era di classe B e che può, perciò, essere spento con uno spinker a getto d’acqua vaporizzato oppure con lance a getto frazionato e non pieno: ciò è importante in quanto alla Thyssen le sostanze coinvolte furono carta, olio di alimentazione, di raffreddamento, di laminazione … le SOSTANZE INFIAMMABILI sono classificate dalla Norma Europea n. 67/548. Un LIQUIDO è infiammabile se ha il punto di accensione (Flash Point) tra 21 e 55°C. In Thyssen c’erano sostanze COMBUSTIBILI, ma non infiammabili perché il loro Flash Point è tra 65 e 125°C: esse possono esplodere olo e portate a temperature elevatissime. La Norma CEI EN 60079-10-1 alleg. D tratta i rischi di esplosione delle “nebbie” che si formano in caso di incendio di combustibile in un ambiente e queste, se in concentrazione pericolosa, possono esplodere indipendentemente dalla temperatura dell’olio.
Alla Thyssen c’è stata un’esplosione: la polizia scientifica ha fatto foto di un’impronta di carrello su un muro, esso è stato spinto violentemente sul muro e quindi esplosione e non semplice incendio. “L’esame degli ustionati era singolare: le ustioni erano uniformi sui corpi, mentre in caso di incendi esse sono localizzate. Inoltre, le ustioni c’erano anche a livello polmonare e ciò fa capire che anche le vie aeree più profonde sono state colpite. Infine, i corpi erano nudi, mentre un fuoco brucia i vestiti: i è trattato, quindi, di un’esplosione perché le vittime sono state avvolte da una nube incandescente”. I Responsabili aziendali avrebbero dovuto evitare, in caso di incidenti, la formazione di miscele esplosive, con azione di prevenzione, con impianti adatti che impediscano inneschi. A Torino si è appurato che l’esplosione è stata causata da una semplice rottura di flessibili dei mezzi antincendio usati per il getto d’acqua, ciò ha portato all’evento nebuloso catastrofico: cannoni d’acqua a getto frazionato avrebbero evitato tale fenomeno e quindi l’errore è stato nel progetto, nell’uso di flessibili non resistenti e l’utilizzatore poteva “non sapere” di questo difetto. Detto ciò, in questa sede non si vogliono indicare più o meno colpevoli perché a questo hanno provveduto i Giudici di Torino.
Avv. Guglielmo Giordanengo – Membro del Collegio di difesa degli imputati ed in particolare del RSPP (Responsabile Servizi Prevenzione e Protezione aziendale): Noi riteniamo che la sentenza di Torino sia stata ben meditata anche se può essere più o meno criticabile. Oggi interessa capire se la sentenza è utile per il mondo della sicurezza nel lavoro e se può essere considerata un caposaldo della giurisprudenza in materia. Le condanne sono state per OMICIDIO DOLOSO per la Dirigenza, quindi OMICIDIO VOLONTARIO per l’Amministratore Delegato (16 anni) e OMICIDIO COLPOSO per 6 Dirigenti (12 anni per 5 e 13 anni per RSPP).
In base alla Legge 231 oltre alle perone fisiche è condannabile anche l’Azienda con sanzioni penali e/o amministrative, anche se possono esserci dubbi: quando c’è una corruzione, essa è fatta nell’interesse dell’Azienda che quindi è da condannare, ma nel caso di infortunio l’Azienda ha interesse che ciò accada? Che muoiano delle persone? Alcuni sostengono che l’Azienda ha interesse a risparmiare su prevenzione e sicurezza, sui materiali acquistati, ecc. e quindi mette a rischio la vita dei dipendenti, quindi è condannabile. Una riflessione: per l’omicidio colposo decide un Giudice togato, per quello volontario decide un giudice togato con sei Giudici popolari: nel caso Thyssen, sono stati 12000 gli aspetti tecnici esaminati (l’ing. Gambino nel suo intervento precedente ha parlato su uno solo: fu incendio o esplosione?) e tutti questi sono stati sottoposti al giudizio di persone che di tecnico sapevano nulla o poco, su indicazione di periti vari …
Si è deciso per il DOLO VOLONTARIO: è come se l’Amministratore Delegato di Thyssen avesse deciso, senza pensare alle eventualità, di uccidere quella mattina quelle persone oppure, si è pensato, per risparmiare ha deciso di fregarsene del rischio eventuale e si è affidato al destino … Difficile sapere la verità, ma secondo la Difesa è difficile pensare che una Azienda multinazionale, organizzata e strutturata in varie Direzioni e con una Direzione RSPP se ne freghi dei rischi.
Una curiosità: molte motivazioni della sentenza hanno avuto come sorgente il sequestro e l’esame delle mail scambiate da Dirigenti e Dipendenti. Le mail possono essere un mezzo di comunicazione micidiale per le Aziende perché a differenza delle intercettazioni più o meno interpretabili, lasciano più facile lettura di quanto si crive a volta anche per sfogo o, peggio, per scherzo o per danneggiare una persona, un collega … Il Responsabile RSPP è stato il Dirigente più condannato perché aveva valutato dei rischi e aveva scritto che avrebbe fatto delle ispezioni: pur essendo un Dirigente con delega all’Antinfortunistica, egli non aveva possibilità di spesa e quindi per compiere certe azioni o prendere certe decisioni doveva avere l’OK da altri Dirigenti, ma le Aziende, spesso, con deleghe formali, affidano incarichi per scaricare responsabilità anche se non potrebbero e in caso di incidenti di questo tipo è il Consiglio di Amministrazione tutto che è responsabile. Qui si rileva il difficile compito dei Responsabili Protezione e Prevenzione nelle Aziende anche perché la giurisprudenza, in mancanza di chiarezza, con l’art 113 del Codice Penale individua RSPP come colpevole in concorso col Datore di lavoro. In Thyssen, secondo la difesa, RSPP è stato incastrato da deleghe non proprio legali ed avendo partecipato alla stesura del documento di Valutazione dei Rischi è stato ritenuto responsabile dell’accaduto …
Tutto ciò deve far riflettere, in futuro, su come vengono affidati gli incarichi nelle Aziende e quanto i Responsabili dell’alta Direzione sono veramente ensibili a certe problematiche, spesso legate alla vita umana …
E comunque, al di là di colpe e colpevoli, è da mettere in evidenza, come sappiamo bene, che spesso chi ha un incarico in Azienda viene visto come unico responsabile di tutto quello che succede nell’ambito di quelle attività e l’Alta Direzione se ne frega se non per quanto riguarda le facciate esterne e il raggiungimento di obiettivi. Ricordi? Da noi sembrava che la Qualità dovesse farla il Responsabile per la Qualità e non tutti i Dirigenti: come se il Responsabile per la Qualità avesse potuto intervenire sui processi, sulla progettazione, sulla gestione del personale e delle risorse e sulla comunicazione Manager e Collaboratori … SIC!
C’è sempre il pericolo che dopo anni e anni di processi, appelli e procedimenti vari la vittima rimanga senza giustizia, non si trovino ne colpevoli ne responsabili che paghino per la morte di persone che non hanno alcuna colpa. Nel caso Thyssen almeno qualcuno è stato condannato.