8 pensieri su “Spending review … sic!

  1. Esorto vivamente a leggere il libro:

    Marco Della Luna, Antonio Miclavez -Euroschiavi – Dalla Truffa alla Tragedia € 12,90

    dalla sua lettura si capiscono molte cose sull’euro e su chi ci guadagna.

  2. Investire sulla formazione, ecco un discorso serio che dovrebbe attuare un governo per garantirsi un futuro, con cittadini consapevoli, con una cultura elevata e quindi con un potenziale molto alto. Le scuole pubbliche devono svolgere la gran parte della formazione e devono essere differenziate negli indirizzi, così come sono differenziate le capacità e le inclinazioni dei giovani che, una volta usciti dal periodo scolastico, prenderanno possesso di tutte le attività che si svolgono, da quelle prettamente manuali a quelle di più alto livello. Non è possibile immaginare una società di soli filosofi o di soli professori, sono necessari tutti gli indirizzi, suddivisi per branche. Sarà poi il mondo del lavoro a dare la specializzazione finale, in base all’attività specifica svolta. Ogni attività impegnativa, che richiede sacrifici e passione, deve però avere un obiettivo raggiungibile: coloro che s’impegnano negli studi devono avere la certezza di un lavoro che li renda economicamente autonomi nella società. Oggi i nostri giovani studiano per ottenere un diploma o una laurea che non è più garanzia di trovare lavoro, per iniziare ad essere produttivi, più ci si avvicina al termine degli studi più si ha sfifucia in ciò che si troverà dopo: questo è il grande spreco che caratterizza il nostro periodo storico, lo spreco di intelligenze, di idee, di manodopera, di forza lavoro, grande risorsa inestimabile di uno stato che viene così sprecata, rendendolo ancora più povero, togliendo anche i sogni a chi dovrebbe essere motore e traino per un futuro migliore.

  3. la cifra culturale di questo paese si misura dal fatto che se c’è un’emergenza sia esso terremoto, alluvione oppure necessità di spazi (elezioni )si utilizzano le scuole fottendosene della perdita di ore di studio dei ragazzi. Anche per la spending rewue delle province si usa come arma di ricatto la scuola. Devo aggiungere altro?

  4. Non c’è costituzione che tenga quando i soldi non ci sono. Si può obiettare sul perché cominciare dalle scuole e non dagli uffici pubblici, ma questa è solo una scelta morale, non economica.
    L’economia viceversa non guarda alla morale ma alla sostanza delle cose e la sostanza è che non ci sono soldi e non ce ne saranno sempre di più visto che l’Italia ha firmato il “fiscal compact”.
    Togliere il riscaldamento alle scuole non significa solo che i nostri ragazzi avranno freddo, ma significa anche che tante ditte di riscaldamento chiuderanno, tanti padri di famiglia resteranno senza lavoro: meno soldi girano più disoccupazione ci sarà. Fino a diventare come e peggio della Grecia.
    E’ solo questione di tempo.
    Tutto in nome dell’euro. Ricordiamoci che la Spagna ha la metà del debito pubblico dell’Italia ed è in condizioni condizioni peggiori delle nostre, ma ricordiamo anche che il Giappone ha un debito pubblico superiore all’Italia, ma non sta affamando la sua gente.

    Con l’ingresso nella moneta unica, senza peraltro chiedere il parere degli italiani, siamo entrati in una spirale che ci porterà al disastro come la Grecia; ma porterà al disastro, anche se più avanti nel tempo, anche paesi forti come la Germania.

    L’adozione di una stessa moneta, con le attuali regole, per le quali la BCE (banca di proprietà delle banche centrali nazionali a loro volta di proprietà delle banche di ciascuna nazione) presta soldi a tassi agevolati alle sole banche, che a loro volta li prestano- quando lo fanno- a tassi usurari agli imprenditori, ci porterà al disastro.

    Secondo una nota teoria economica una nazione, per fare crescita, deve mettere in circolo denaro fresco, fare investimenti, lavori pubblici, in modo da sviluppare la produzione e quindi la ricchezza del paese, ma questo denaro deve poter essere prestato ai cittadini imprenditori a tassi molto bassi.

    L’impossibilità, oggi per l’Italia, e per le altre nazioni della zona euro, di gestire la propria moneta e stamparne di nuova ( anche con un moderato aumento dell’inflazione) al fine di produrre ricchezza per i propri cittadini determina il sempre maggior impoverimento della popolazione: dove non ci sono soldi l’economia langue, aziende e negozi chiudono in una spirale rovinosa.

    Oggi la moneta unica è in mano alle banche (anche quelle inglesi nonostante l’Inghilterra non abbia adottato l’euro: furbi i signori !) che la prestano solo alle banche di cui sono sostenitrici, in una spirale che fa aumentare solo il debito dei vari paesi ( e quindi dei cittadini) verso le stesse banche, con la conseguenza di un impoverimento generale sopratutto del ceto medio e con l’eliminazione del welfare.

    Pochi hanno capito e nessun ‘media’ riporta chiaramente cos’è il FISCAL COMPACT che entrerà in vigore nel 2013.

    Riporto qui sotto un’articolo, di Paolo Becchi, che dice esattamente cosa avverrà nei prossimi venti anni.

    Meditiamo tutti quando andremo a votare !

    In realtà, dubbi ed incertezze sulla bontà del “fiscal compact” sono stati espressi in tutta Europa: la Germania per prima ha rinviato l’approvazione del trattato, e sarà la Corte Costituzionale a decidere, il prossimo 12 settembre, se il fondo di salvataggio ed il patto fiscale europeo potranno entrare in vigore.
    In Italia, invece, si è assistito ad un “allineamento” non solo degli organi di stampa – che evitano quasi di dare notizia dell’avvenuta approvazione – ma dello stesso Parlamento, il quale ha ratificato, senza discussione, senza neppure che sia stato necessario al Governo porre la questione di fiducia, il Trattato: maggioranza bulgara oggi alla Camera, 368 sì contro 65 no. In Italia tutto accade ormai in un’atmosfera grigia e silenziosa, quasi spettrale.
    Ma cosa significa l’approvazione del “fiscal compact”? Il “patto” prevede che i Paesi che detengono un debito pubblico superiore al 60% del PIL di rientrare entro tale soglia nell’arco di 20 anni, ad un ritmo pari ad un ventesimo dell’eccedenza in ciascuna annualità. Gli Stati si obbligano a mantenere il deficit pubblico sempre sotto al 3% del PIL, a pena di sanzioni. Tutto ciò significa né più né meno la semplice rinuncia ad ogni possibilità di intraprendere una politica fiscale capace di stimolare la domanda. Significa condannarsi ad una rigidità ulteriore di politica economica che va ad aggiungersi a quella del cambio fisso dettato dalla moneta unica. L’Italia, la nazione prima al mondo per pressione fiscale, si impegna oggi a sostenere 50 miliardi di Euro all’anno di tasse e tagli per 20 anni. Rispettare parametri fiscali sempre più rigidi e stringenti, rinunziando ad ogni spazio possibile di manovra, vorrà dire dover imporre agli italiani, per i prossimi vent’anni, un regime di austerità radicale: si colpiranno ancora salari, stipendi e prestazioni del Welfare, si aggraveranno le condizioni di vita delle classi sociale medio-basse, si assisterà a nuove tasse. Gli italiani devono sapere che il prezzo imposto dall’Europa è una macelleria sociale: tagli dappertutto, dalla sanità alla scuola, dall’università ai trasporti.

    Tutto questo avviene, ed avverrà, senza alcuna consultazione diretta o indiretta del popolo italiano, ma unicamente per rispettare decisioni prese al di fuori del Paese. Siamo passati senza accorgercene da un sistema politico democratico ad un sistema oligarchico, in cui il Governo è nelle mani di un gruppo di “tecnici” che rappresentano interessi esterni. Il Parlamento obbedisce, senza neppure un minimo accenno di protesta. Il Paese è stato “pacificato”: niente più aspri scontri politici, disinteresse diffuso per la politica, tensione sociale apparentemente sotto controllo. Eppure si annuncia, per i prossimi vent’anni, una sanguinosa e violenta “economia di guerra”: la guerra senza guerra, ossia la più terrificante delle possibilità.

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