Il personaggio di Ligabue, il suo carattere e le sue stranezze, sono abbastanza conosciute anche per uno sceneggiato TV fatto per il grande pubblico e ben interpretato da Flavio Bucci e questo film poteva correre il rischio di ripetere cose già viste, sotto l’influenza del successo di pubblico televisivo. Ma il regista Giorgio Diritti ormai ha esperienza e animo poetico per cui, conoscendo anche le zone in cui visse l’artista e la gente, ci regala un film da non dimenticare, che punta sulla scalata sociale di una persona problematica, mostrando come nella società ognuno può trovare il suo ruolo, e sulla ascesa e decadenza di un’artista spesso preso in giro, poi anche sfruttato. La biografia di un artista molto difficile, cresciuto tra mille problemi e in realtà diverse che lo hanno trascinato da severità inaudite ad affetti spontanei, da durezze atroci e carezze dolcissime è stata rappresentata con maestria cinematografica, con primi piani intensi dei personaggi e fotografie di posti di natura e di borghi, con colonna sonora degnissima e la scelta di attori molto attenta, con un Elio Germano che sale a livelli altissimi di recitazione, con sguardi, gesti, trasparenze emotive e rabbiose o innocenti: non una scoperta, ma più che una conferma dell’impegno che lui mette in ogni personaggio che interpreta e, in questo caso, non solo regge, ma supera il pur grande Flavio Bucci. All’altezza dei ruoli anche gli altri, tra cui Oliver Ewy, Paola Lavini, Leonardo Carrozzo, Orietta Notari .. Un film da non … nascondere, ma da scoprire perché fa del cinema, un’arte.